MAP e clandestini (Tr. TN 5.5.2014)

Tribunale di Trento, ordinanza 5 maggio 2014

Applicando la ratio di quanto stabilito in tema di misure alternative al carcere rispetto agli stranieri irregolari, è ammissibile la istanza di sospensione con M.A.P. ex art. 168 bis c.p. anche per stranieri senza permesso di soggiorno.

 

Ammissibile la sospensione del procedimento per messa alla prova anche per i clandestini

 

Applicando la ratio di quanto stabilito in tema di misure alternative al carcere rispetto agli stranieri irregolari, è ammissibile la istanza di sospensione con M.A.P. ex art. 168 bis c.p. anche per stranieri senza permesso di soggiorno (provvedimento Tribunale Trento, 5 maggio 2015, Dr. Enrico Borrelli). 

 

In particolare, la Cassazione aveva sancito l’applicabilità delle misure alternative alla detenzione anche al cittadino extracomunitario stabilendo il principio di diritto per il quale “in materia di esecuzione della pena detentiva, le misure alternative alla detenzione in carcere (nella fattispecie, l’affidamento in prova al servizio sociale), sempre che ne sussistano i presupposti stabiliti dall’ordinamento penitenziario, possono essere applicate anche allo straniero extracomunitario che sia entrato illegalmente nel territorio dello Stato e sia privo del permesso di soggiorno”. In particolare, secondo la Suprema Corte, “laddove il Tribunale di sorveglianza abbia accertato rigorosamente l’oggettiva sussistenza dei presupposti stabiliti per la concessione, a favore dello straniero condannato che ne abbia fatto richiesta e che ne sia “meritevole”, di una delle misure alternative alla detenzione in carcere previste dagli artt. 47 e ss. ord. Pen., è destinata a dispiegarsi nella sua pienezza ed effettività, per il rilievo costituzionale che rivestono la forza precettiva dei principi in materia di pari dignità della persona umana e di funzione rieducativa della pena” (Cass. pen., SS.UU., sent. dd. 28.03.2006, n. 7458).

 Analogamente, la Corte Costituzionale veniva chiamata ad esprimersi sull’interrogativo “se le misure alternative – ed, un specie, con riguardo al caso in esame, l’affidamento in prova al servizio sociale o la semilibertà– possano applicarsi al cittadino extracomunitario che sia entrato illegalmente in Italia o sia privo di permesso di soggiorni, cioè ad un soggetto che, se non si trovasse a dover espiare una pena, andrebbe espulso dal territorio nazionale”.

Rispetto la questione relativa “all’incompatibilità fra la disciplina del testo unico in materia di immigrazione e l'applicazione di misure alternative alla detenzione”, rilevava la Corte Costituzionale “che, in realtà, è proprio la condizione di persona soggetta all'esecuzione della pena che abilita ex lege - ed anzi costringe - lo straniero a permanere nel territorio dello Stato; e ciò, tanto se l'esecuzione abbia luogo nella forma intramuraria, quanto se abbia luogo, invece - a seguito della eventuale concessione di misure alternative - in forma extramuraria. In altre parole, nel momento stesso in cui prevede che l'esecuzione della pena "prevalga", sospendendone l'attuazione, sulla espulsione cui il condannato extracomunitario sarebbe soggetto, il legislatore adotta una soluzione che implica l'accettazione della perdurante presenza dello straniero nel territorio nazionale durante il tempo di espiazione della pena stessa. Da ciò consegue l'impossibilità di individuare nella esigenza di rispetto delle regole in materia di ingresso e soggiorno in detto territorio una ragione giustificativa della radicale discriminazione dello straniero sul piano dell'accesso al percorso rieducativo, cui la concessione delle misure alternative è funzionale”. Rilevava ulteriormente che “l'assoluta preclusione all'accesso alle misure alternative alla detenzione, nei casi in esame, prescinde, peraltro, dalla valutazione prognostica attinente alla rieducazione, al recupero e al reinserimento sociale del condannato e alla prevenzione del pericolo di reiterazione di reati, cosicché la finalità repressiva finisce per annullare quella rieducativa” (Corte Cost., sent. dd. 16 marzo 2007, n. 78).

 

Peraltro, è inoltre opportuno richiamare la circolare n. 27/93 del Ministero del Lavoro e Previdenza Sociale la quale, in tema di minorenni stranieri privi di permesso di soggiorno, stabiliva che “ …a seguito della sospensione del processo e messa alla prova – è previsto l’avviamento al lavoro nel quadro di attività di osservazione, trattamento e sostegno ai sensi dell’art. 28 del DPR 48/98…”. Peraltro, dopo l’entrata in vigore del D Lgs 286/98, il Ministero del Lavoro, con nota del 11.01.2001, non rilevava elementi ostativi al persistere dell’applicabilità dell’apposita procedura di avviamento al lavoro delineata nella circolare n° 27/93.

Scarica il provvedimento Tribunale Trento, 5 maggio 2015, Dr. Enrico Borrelli.