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Astensione 22 novembre 2012
Il carcere non può aspettare: astensione il 22 novembre
Il problema del carcere come emergenza sociale richiede un impegno ulteriore da parte delle istituzioni e anche da parte nostra. Anche in esecuzione della mozione votata al congresso di Trieste e della raccomandazione formulata dall'ultimo Consiglio delle Camere Penali, la Giunta ha deliberato un giorno di astensione per il 22 novembre prossimo.
GIUNTA DELL’UNIONE DELLE CAMERE PENALI ITALIANE
Delibera del 5 novembre 2012
La Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane, da sempre costantemente impegnata nella battaglia per il rispetto dei diritti fondamentali dei detenuti al fianco delle organizzazioni più attive sul tema,
viste
la mozione approvata al Congresso di Trieste e la raccomandazione assunta all'esito del Consiglio delle Camere Penali del 20 ottobre scorso,
premesso
- che negli ultimi anni, con cadenza quasi mensile, l’Unione delle Camere Penali Italianeha denunciato le drammatiche condizioni di vita cui sono costretti i detenuti in Italia;
- che, allo scopo di documentare tali condizioni, delegazioni formate da componenti della Giunta, dell’Osservatorio Carcere dell'Unione e delle Camere Penali territoriali hanno visitato molte carceri, tra le quali quelle di Roma, Palermo, Napoli, Milano, Bologna, Torino, Genova, Firenze, Trieste, Catania, Sulmona, Siracusa, Rovigo, Udine, Saluzzo, Ferrara, Pistoia, toccando con mano l’insostenibilità della situazione;
- che il resoconto di queste visite è stato raccolto in una pubblicazione "Prigioni d’Italia", che è a disposizione di tutti, e documenta una situazione in cui gli uomini sono ammassati come cose, rinchiusi per 22 due ore al giorno in spazi che impongono loro di alzarsi a turno dalle brande, in condizioni igienico-sanitarie indegne;
- che in tutte queste occasioni i penalisti hanno anche constatato direttamente la penuria di risorse con le quali l’amministrazione è costretta ad operare;
- che molteplici sono oramai le pronunce giudiziarie, nazionali e sovranazionali, che hanno attestato la responsabilità dello Stato italiano per le condizioni di vera e propria illegalità in cui vengono costretti i detenuti nel nostro Paese;
-.che in diverse occasioni, con accenti adeguati alla gravità della situazione, il Presidente della Repubblica ha invitato il sistema politico a farsi carico del problema per porre fine a quella che è stata definita senza mezzi termini una " vergogna";
rilevato
- che, viceversa, al di là dei proclami governativi e dei generici buoni propositi della politica, nessun provvedimento efficace è stato fin qui assunto;
- che tali, infatti, non possono essere considerati i pochi interventi finora operati, come – ad esempio – la legge che permette di scontare una parte della detenzione in regime domiciliare, la quale risulta gravata da tante e tali deroghe da essere apparsa, fin da subito, inefficace;
osservato
- che la questione carcere fa parte a pieno titolo del più ampio “problema giustizia” e con esso va affrontata e risolta, ma che la drammaticità della situazione non può trasformare questa giusta considerazione in un alibi per non intervenire con l’urgenza che questa emergenza democratica impone;
- che, al contrario, proprio un intervento immediato, anche di clemenza, può costituire la leva per far procedere in Parlamento alcuni dei provvedimenti in discussione che si porrebbero quali possibili soluzioni strutturali;
- che in questo senso dovrebbero avere corsia preferenziale quei disegni di legge – che comunque devono essere migliorati per renderli efficaci – che prevedono l’introduzione di strumenti deflattivi, come la sospensione del processo con messa alla prova ovvero l’introduzione della detenzione domiciliare o delle sanzioni riparatorie;
- che, infatti, il problema del sovraffollamento delle carceri è il frutto in primo luogo di una concezione che pone la pena detentiva al centro del sistema penale, e ciò costituisce il retaggio di una visione autoritaria del diritto penale da cui il nostro Paese non riesce a svincolarsi, mentre le più moderne soluzioni dimostrano la maggiore utilità, anche in termini di efficacia, delle pene non detentive sia dal punto di vista retributivo che della prevenzione generale;
considerato
- che il medesimo stampo autoritario si rinviene nel quotidiano abuso della custodia cautelare, che determina per oltre il 40% il numero complessivo dei detenuti, nell’intento, neppure velato, di una parte della magistratura di trasformare la custodia cautelare in una incostituzionale anticipazione della pena con la quale far fronte alle presunte o reali inefficienze del sistema giudiziario;
- che ciò dimostra la necessità di un intervento ulteriore sul tema della tutela della libertà delle persone sottoposte a procedimento penale, non più limitato a meri restyling lessicali, ma atto ad imporre l’assoluta residualità della custodia in carcere e comunque ad introdurre un preciso divieto della medesima per la stragrande maggioranza dei reati, per i quali le esigenze cautelari, anche volte ad evitare la reiterazione dei comportamenti, sono più che tutelate dalle misure interdittive o coercitive già previste eventualmente da rafforzare;
evidenziato
- che anche riguardo all’ordinamento penitenziario (cd legge Gozzini) occorre abbandonare la via imboccata negli ultimi anni, attraverso la quale sono state introdotte un numero talmente elevato di esclusioni soggettive e oggettive da aver reso i benefici penitenziari sostanzialmente impossibili da applicare al maggior numero dei detenuti, anche in questo caso rendendo un pessimo servizio proprio in termini di tutela della sicurezza, posto che le statistiche dimostrano che i casi di recidiva sono nettamente inferiori da parte di coloro che godono di tali benefici;
ribadito
- che premessa di tali riforme, oramai davvero ineludibili, sulle quali convergono sia la dottrina che la magistratura - e che potrebbero essere licenziate prima della fine della legislatura se solo si ritenesse il problema delle carceri urgente quanto lo è stato quello della corruzione ovvero della diffamazione a mezzo stampa - deve essere un provvedimento volto a ridurre drasticamente la popolazione detenuta;
invita
le forze politiche ed il governo ad utilizzare questi ultimi scampoli di legislatura per assumere provvedimenti che il dramma sociale sopra descritto impone, senza farsi paralizzare dal timore ingiustificato di possibili contraccolpi elettorali;
si impegna
- a diffondere i numeri sconvolgenti della popolazione detenuta, delle morti in carcere e di documentare le insostenibili condizioni di vita dei detenuti;
- al fine della più ampia sensibilizzazione al problema, di promuovere occasioni di pubblico dibattito nel corso delle quali spiegare ai cittadini le ragioni che dimostrano come un sistema penale, un sistema carcerario ed un ordinamento penitenziario degni di un paese civile, costituiscono anche il più efficace presidio per la loro sicurezza;
delibera
- a tal fine e non solo come occasione di civile protesta, l’astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria nel settore penale degli avvocati penalisti per il giorno 22 novembre 2012, nel rispetto della normativa di legge in materia e del codice di autoregolamentazione, sollecitando le Camere Penali ad organizzare per quel giorno, anche su base distrettuale, assemblee, convegni ed iniziative di informazione e denuncia;
dispone
la trasmissione della presente delibera al Presidente della Repubblica, ai Presidenti dei due rami del Parlamento, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della Giustizia, a tutti i Parlamentari, ai capi degli uffici giudiziari.
Roma, 5 novembre 2012
Il Presidente, Avv. Valerio Spigarelli
Il Segretario, Avv. Vinicio Nardo
Pubblicato il 22/11/2012