Revisione e prova scientifica

Cass. pen., sez. I 13-04-2011 (08-03-2011), n. 15139 - Pres. DI TOMASSI Mariastefania - Est. CASSANO Margherita - G.S. RV249864

IMPUGNAZIONI - Revisione - Casi - Prova scientifica - Idoneità a determinare una diversa decisione - Valutazione del giudice - Parametri

Nella valutazione di una richiesta di revisione spetta al giudice stabilire se il nuovo metodo scientifico posto a base della richiesta, scoperto e sperimentato successivamente a quello applicato nel processo ormai definito, sia in concreto produttivo di effetti diversi rispetto a quelli già ottenuti e se i risultati così conseguiti, da soli o insieme con le prove già valutate, possano determinare una diversa decisione rispetto a quella, già intervenuta, di condanna. (Annulla con rinvio, App. Trento, 16 luglio 2010)

 RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 16 luglio 2010 la Corte d'appello di Trento dichiarava inammissibile l'istanza di revisione proposta il 27 maggio 2010 da G.S., condannato con sentenza della Corte d'assise d'appello di Venezia alla pena dell'ergastolo in relazione ad una serie di reati, fra i quali i delitti di rapina e di omicidio commessi in (OMISSIS) nell'(OMISSIS).

La Corte, richiamate le precedenti, analoghe istanze di revisione - l'ultima delle quali valutata e dichiarata inammissibile con ordinanza del 18 novembre 2009 - evidenziava che la prova considerata "nuova" dalla difesa (consulenza tecnica antropometrica svolta dal consulente di parte sul DVD estrapolato dall'originale supporto VHS, contenente le riprese filmate della rapina commessa in (OMISSIS)) non poteva, in realtà, essere considerata tale, in quanto era già stata considerata e valutata nell'ambito del giudizio di merito dalla Corte d'assise d'appello di Venezia che, nel respingere la richiesta di riapertura dell'istruttoria dibattimentale, aveva osservato che la perizia antropometrica, richiesta dalla difesa di G., non avrebbe potuto dare risultati certi a causa delle cattive condizioni del filmato della rapina che avrebbe dovuto essere utilizzato come termine di raffronto.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, G., il quale, anche mediante una memoria difensiva, lamenta erronea applicazione dell'art. 634 cod. proc. pen., comma 1, mancanza e manifesta illogicità della motivazione. Osserva, in proposito, che la Corte territoriale, in violazione dei limiti dettati dall'art. 634 cod. proc. pen., ha effettuato in sede preliminare una non consentita valutazione nel merito, escludendo che la consulenza tecnica di parte avesse potuto utilizzare immagini migliori rispetto a quelle acquisite, negando la possibilità di potere svolgere un accertamento tecnico sulle immagini già acquisite (non valutabili nè leggibili secondo le precedenti decisioni), sminuendo, infine, immotivatamente il risultato della consulenza di parte ritualmente prodotta a sostegno della domanda.

3. All'udienza del 25 febbraio 2011, fissata per la trattazione del procedimento in camera di consiglio, il Collegio riservava la decisione all'8 marzo 2011 ai sensi dell'art. 615 cod. proc. pen., comma 1, attesa l'importanza della questione da decidere.

OSSERVA IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.

1. La revisione costituisce un'impugnazione straordinaria che può essere esperita in ogni tempo in presenza in presenza di "prove nuove" che, sole o unitamente a quelle già valutate, siano idonee a far sorgere quanto meno un ragionevole dubbio, tale da imporre la pronuncia di una sentenza di proscioglimento.

Con riferimento alla prova scientifica, la richiesta di revisione può essere giustificata con la sopravvenienza di nuovi elementi che richiedono un accertamento di tipo tecnico oppure - come nel caso di specie - con la domanda di espletamento di una consulenza tecnica o di una perizia su reperti già valutati nel processo concluso.

Secondo un indirizzo giurisprudenziale più risalente, in quest'ultima ipotesi non può mai parlarsi di "prova nuova", in quanto si tratta di effettuare una diversa e nuova valutazione tecnico-scientifica di dati già apprezzati dal perito e dal giudice e, quindi, di compiere di un'attività esulante dalla natura e dalle finalità proprie dell'istituto della revisione. Le nuove valutazioni rischiano di risolversi esclusivamente in apprezzamenti critici di elementi già conosciuti e valutati nel giudizio e, in quanto tali, sono inammissibili, perchè si pongono in contrasto con il principio della improponibilità per il giudizio di revisione di diverse e nuove valutazioni di dati acquisiti al processo, conosciuti e valutati (cfr. Sez. 1^, 21 settembre 1992, n. 5369; Sez. 2^, 12 dicembre 1994, n. 5494; Sez. 1^, 23 febbraio 1998, n. 1095). Questo orientamento esegetico si fonda innanzitutto su una concezione positivistica della scienza intesa come insieme di conoscenze complete, certe, uniche. Esso rifiuta l'idea che nella nozione di scienza sia insito il concetto di fallibilità, di relatività, di evoluzione; rifugge il metodo della smentita e della falsificabilità, nonchè la ricerca e la valutazione di altre differenti ricostruzioni del fatto storico al fine di dimostrare che le alternative non sono ragionevolmente configurabili; non accetta la prospettiva che l'utilizzazione di un diverso metodo, pur se applicato agli stessi elementi, possa produrre esiti affatto diversi;

rifugge la dimostrazione dell'applicabilità di leggi scientifiche alternative che diano al fatto provato una spiegazione differente. Ad esso si accompagna la preoccupazione di una inconciliabilità logica tra le esigenze di certezza e di stabilità proprie dell'accertamento effettuato nel processo penale e assicurate dal giudicato e le finalità gneosologiche della scienza, contraddistinta, per sua stessa natura, dalla incompletezza e provvisorietà delle acquisizioni conoscitive raggiunte.

Un secondo e più recente orientamento esegetico, sviluppatosi in coerenza con le indicazioni provenienti, da un lato, dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e, dall'altro, dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. Un. 26 settembre 2001, n. 624) osserva, invece, che, ai fini del giudizio di revisione, deve essere riconosciuto il carattere di novità alle prove che comunque non abbiano formato oggetto di valutazione giudiziale, essendo irrilevante la loro mera acquisizione agli atti del processo. In tale prospettiva si osserva che la necessità di nuovi accertamenti peritali può rendere ammissibile la richiesta di revisione non solo quando riguardi nuove sopravvenienze fattuali, ma anche quando sia motivata dall'impiego di nuove tecniche e conoscenze scientifiche su dati già acquisiti (Sez. 1^, 6 ottobre 1998, n. 4837; Sez. 6^, 11 aprile 1999, n. 1155; Sez. 1^, 31 ottobre 2002, n. 13001; Sez. 6^, 15 aprile 2003. n. 26734).

Ciò comporta, quindi, che anche il giudizio di revisione debba confrontarsi con la nuova prova scientifica per tale dovendosi intendere il mezzo ad efficacia dimostrativa che utilizza la legge scientifica per accertare il fatto ignoto ed è preordinato a procurare, nell'ambito di un procedimento che coinvolge le parti in un serrato contraddittorio tecnico, un sapere al giudice in relazione ad un'evenienza di cui non gli è più possibile la diretta percezione.

Alla stregua di questa diversa impostazione, quindi, la novità della prova scientifica può essere correlata all'oggetto stesso dell'accertamento oppure al metodo scoperto o sperimentato, successivamente a quello applicato nel processo ormai definito, di per sè idoneo a produrre nuovi elementi fattuali. In questo secondo caso al giudice spetta stabilire se il "nuovo metodo" applicato alle emergenze processuali già acquisite sia in concreto produttivo di effetti diversi rispetto a quelli già ottenuti e se i risultati così conseguiti, o da soli o insieme con le prove già valutate, possano far sorgere il ragionevole dubbio della non colpevolezza della persona di cui è stata affermata la penale responsabilità con una sentenza passata in giudicato.

Sulla base delle considerazioni sinora svolte è possibile affermare che il vaglio, da parte del giudice, della novità della prova scientifica in sede di revisione si articola in cinque diversi momenti: a) l'apprezzamento della novità del metodo introdotto; b) la valutazione della sua scientificità; c) l'applicazione del nuovo metodo scientifico alle risultanze probatorie già vagliate, alla stregua delle pregresse conoscenze, nel processo già celebrato; d) il giudizio di concreta novità dei risultati ottenuti grazie al nuovo metodo: e) la loro valutazione nel contesto delle prove già raccolte nel precedente giudizio allo scopo di stabilire se essi sono idonei a determinare una decisione diversa rispetto a quella di condanna già intervenuta.

2. Il provvedimento impugnato non ha fatto corretta applicazione di questi principi sotto diversi profili.

Innanzitutto ha omesso di effettuare la valutazione giudiziale in ordine alla novità della prova scientifica introdotta dalla difesa distinguendo le diverse fasi in precedenza descritte.

In secondo luogo ha sovrapposto la nozione di oggetto della prova (le immagini contenute nell'originario filmato della rapina) con quella di novità del metodo successivamente sperimentato per: a) trasporre le immagini in forma digitale e, quindi, in forma più nitida; b) leggere il filmato così ottenuto mediante l'utilizzo di sistemi tecnici più moderni; c) effettuare una consulenza antropometrica fondata sull'esame comparato delle immagini contenute nell'originaria videocassetta in sequestro, nel filmato trasposto su ed rom, nei fotogrammi acquisiti dalla Questura di Vicenza.

Infine, non ha correttamente effettuato il giudizio di ammissibilità della domanda nel rispetto dell'art. 631 e art. 634 cod. proc. pen., comma 1. 3. A tale ultimo proposito il Collegio osserva che, alla luce del mutato quadro normativo, nella fase preliminare del giudizio alla Corte d'appello spetta valutare se gli elementi addotti dalla parte, per gli aspetti di congruenza e di non manifesta infondatezza, che condizionano radicalmente la stessa ammissibilità della domanda e del relativo giudizio (art. 631 e art. 634 cod. proc. pen., comma 1), siano potenzialmente idonei nella loro obiettività a dar luogo ad una pronuncia di proscioglimento anche sotto il profilo di un "dubbio ragionevole" circa la colpevolezza del condannato a causa dell'insufficienza, dell'incertezza o della contraddittorietà delle prove d'accusa. Una conclusione del genere è avvalorata dal chiaro tenore letterale dell'art. 631 cod. proc. pen., che esplicitamente richiama tutte le formule assolutorie di cui all'art. 530, comprese quelle di cui ai commi 2 e 3 ispirate al canone di garanzia in dubio pro reo (Corte cost, 5 luglio 1991, n. 311; Sez. 1^, 12 maggio 2004, n. 25678; Sez. 1^, 4 ottobre 2007, n. 41804; Sez. 1^, 17 giugno 2008, n. 29486; Sez. 6^, 3 dicembre 2009, n. 2437; Sez. 2^, 11 novembre 2009, n. 44724).

La delibazione prognostica, proprio per la sua intrinseca natura e connotazione, non può tuttavia tradursi in un'approfondita valutazione probatoria dei fatti e in un'illegittima anticipazione del conclusivo giudizio di merito, che va effettuato con le garanzie del contraddittorio ed alla stregua di una dimostrazione di fondatezza delle ragioni poste a base della domanda secondo la più ampia regola liberatoria stabilita dall'art. 631, in riferimento a tutte le fattispecie assolutorie stabilite dall'art. 530 c.p.p..

4. Il percorso argomentativo della decisione impugnata, oltre a non rispettare i limiti del giudizio preliminare di ragionevole previsione di incongruenza e manifesta infondatezza della prospettazione difensiva (che deve risultare evidente, chiaramente non controvertibile e immediatamente percepibile, senza che siano necessari particolari approfondimenti, com'è proprio di una delibazione preliminare), è contraddistinto da manifesta illogicità, quanto alla valutazione di inconsistenza dei dati probatori offerti dal ricorrente e perciò di inidoneità della prospettate consulenza antropometrica a ribaltare l'originario costrutto accusatorio. La novità della prova addotta dalla difesa è stata esclusa sulla base del contenuto dell'ordinanza con la quale la Corte d'appello aveva in precedenza respinto la richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, evidenziando le cattive condizioni del filmato della rapina da utilizzare come termine di raffronto.

Al contempo non è stata fornita alcuna compiuta risposta alla "nuova" prova indicata dalla difesa, tenuto conto dell'avvenuta trasposizione digitale delle immagini in base a nuove metodiche e dell'acquisizione di fotogrammi, in precedenza non esaminati, presso la Questura di Vicenza, astrattamente idonei a fungere da elementi di comparazione rispetto al filmato contenuto nella cassetta in sequestro.

Infine; dall'altro, con evidente antinomia rispetto alla prima delle affermazioni in precedenza illustrate, la Corte ha argomentato che la consulenza antropometrica era già stata valutata nell'ambito del giudizio di merito.

Sulla base di quanto sinora esposto la Corte ritiene che i motivi di ricorso siano fondati, in quanto la prova indicata come "nuova" nella domanda di revisione, dirette a sostenere un'alternativa ipotesi ricostruttiva del fatto, è potenzialmente idonea ad inficiare quella ritenuta invece valida dalla sentenza di condanna del ricorrente.

S'impone, quindi, l'annullamento dell'ordinanza impugnata e il rinvio alla Corte d'appello di Trieste per il giudizio di revisione.

P.Q.M.

sciogliendo la riserva di cui alla camera di consiglio del 25 febbraio 2011, annulla l'ordinanza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Trieste per il giudizio di revisione.